martedì 18 novembre 2014

Quelli che non hanno niente da imparare. Dal blog Il Ricciocorno Schiattoso

A.r.pa. ringrazia il blog Il Ricciocorno Schiattoso per la solidarietà espressa e riportiamo l'articolo


Quelli che non hanno niente da imparare

Ho ricevuto una mail da Francesca Rivieri, responsabile della comunicazione e operatrice per il Centro Antiviolenza D.U.N.A. (Donne Unite nell’Antiviolenza) di Massa, formatrice nelle scuole medie e superiori della Toscana, che mi chiede di raccontare cosa le è accaduto.
Francesca Rivieri viene contattata da un giornalista della Gazzetta di Massa e Carrara (lagazzettadimassaecarrara.it) che le propone un intervista sul tema “linguaggio sessista nella pubblicità” da pubblicare in occasionedi una iniziativa che il Centro Antiviolenza sta organizzando per il prossimo anno: quattro work-shop che si terranno tra marzo e aprile 2015 dedicati specialmente a chi lavora nel mondo dell’informazione.
I worshop affronteranno diversi argomenti: gli stereotipi sessisti nella comunicazione/informazione, il tema della violenza di genere e gli stereotipi razziali, il servizio di mediazione linguistica e culturale del centro D.U.N.A., e infine i diritti LGBT.
Ben felice di pubblicizzare il progetto, Francesca Rivieri accetta. Le domande che le vengono rivolte, come potete verificare da soli alla pagina della gazzetta, sono molto interessate e rispettose:
Dottoressa Rivieri, partiamo da un esempio: dire ministro ad una donna, oggi, non solo è sbagliato, ma cela profonde verità e atavici pregiudizi verso l’altro sesso? Cosa ci può dire al riguardo?
Quali sono i motivi per cui è cosi difficile superare talune barriere linguistiche e mentali del linguaggio? In fondo si tratterebbe solo di modificare una desinenza finale. Non è così difficile.
Il giornalista lascia intendere di essere d’accordo con l’analisi del linguaggio proposta dall’intervistata, tanto che non aspetta neanche che sia lei a denunciare il sessismo implicito nella declinazione al maschile delle parole anche quando ci si riferisce ad una donna, ma già nella domanda afferma: dire ministro ad una donna è sbagliato.
Non c’è da stupirsi se Francesca Rivieri, quando trova pubblicata la sua intervista sotto questo titolo
francesca_rivieri
rimane di stucco.
Sotto l’intervista possiamo tutti leggere il polemico commento del direttore della testata Aldo Grandi, che pensando di apparire illuminato e tollerante, esordisce:
“Pubblichiamo questa intervista perché, a differenza di tanti che darebbero voce solo a chi la pensa come loro, noi crediamo che tutti abbiano il diritto di dire la propria. Così come esiste il diritto di dissentire.”
Senza dubbio esiste il diritto di dissentire. Non sono altrettanto sicura che da qualche parte venga enunciato il “diritto di prendere per il culo la gente”.
Perché a me sembra che è esattamente questo che è capitato a Francesca Rivieri: Aldo Grandi e il suo giornalista le hanno organizzato un bello scherzetto, omettendo di comunicarle che non solo dire ministro invece di ministra secondo loro non è sbagliato
(“non è cambiando vocabolario o imponendo a colpi di decreti l’uso di parole diverse e lontane anni luce dalla nostra storia e dalla nostra lingua oltreché da usi e consuetidini, che si ottiene maggiore rispetto per l’universo femminile”),
ma che l’idea che una donna organizzi dei workshop dedicati agli stereotipi di genere rivolti a chi lavora per le testate di informazione li fa letteralmente uscire dai gangheri.
L’idea che una “maestrina dalla penna rossa” si permetta di pensare di avere qualcosa da insegnare a degli uomini grandi e forti, a dei maschi con gli attributi 
(“E lei, adesso, pretende di venire ad insegnare a noi come si fa informazione corretta, addirittura organizzando corsi? Ma lasci perdere e lasci, soprattutto, fare il mestiere di giornalista a chi ha gli attributi per metterci sempre la faccia, davanti all’arroganza del potere, destra o sinistra non importa, davanti all’idiozia e all’inezia di chi vorrebbe governarci e non ne ha nemmeno la capacità”)
irrita così tanto questi signori “coraggiosi”, che invece di affrontare direttamente la Dottoressa Rivieri – concedendole magari la possibilità di replicare alle loro obiezioni al progetto nel corso dell’intervista – prima si fingono interessati e addirittura d’accordo con le sue argomentazioni, e poi la mettono alla berlina, augurandole pure di finire nelle mani dei militanti dell’Isis, magari stuprata e venduta come schiava.
Onestamente, definireste questo comportamento “dar voce a chi la pensa diversamente”?
Non perdo neanche tempo a spiegare ad Aldo Grandi perché è sessista scrivere che ci vogliono “gli attributi” per fare il mestiere di giornalista, visto che è stanco di sentirsi definire un maschilista.
Mi limito ad esprimere tutta la mia solidarietà a Francesca Rivieri, e a tutte le persone come lei che con vero coraggio e determinazione continuano a lavorare per “cambiare le regole del gioco”, ben consapevole che lottare affinché l’Italia prenda coscienza di essere un paese piuttosto lontano dal potersi definire libero dagli stereotipi di genere è tutt’altro che un gioco.
keep-calm-and-keep-fighting-15Per approfondire: