mercoledì 29 febbraio 2012

ROSSELLA URRU e SANDRA MARIANI dimenticate, ma non da noi!

E' stata dimenticata dalla maggior parte dei mass media e non solo!
Rossella Urru, 29 anni, è nelle mani di un gruppo armato che la tiene in ostaggio da qualche parte nel sud-est dell’Algeria. Cooperante italiana, è stata rapita da un commando la notte tra il 22 e il 23 ottobre 2011.
Rossella si occupava di rifornimenti alimentari per il campo profughi Saharawi di Rabuni traboccante di donne e bambini allo stremo e chi come me è della Provincia di Massa-Carrara dovrebbe essere ancora più partecipe dell'accaduto dato che dal 2004 abbiamo stretto un "patto di amicizia"  con questa popolazione e accogliamo bambini e bambine Saharawi! E allora perchè tutto questo silenzio, dal locale al globale??? Perchè preferire scandali alla Novella 2000?
Solo ultimamente dopo l'appello di Geppi Cucciari dal Palco dell'Ariston e quello di Fiorello si è acceso un lumino sulla situazione di Rossella.

Le ultime notizie che si hanno di lei risalgono a dicembre quando un gruppo dissidente dell’Aqmi (Jamat Tawhid Wal Jihad Fi Garbi Afriqqiya ) ha rivendicato il rapimento. Da allora più nulla. Silenzio. I media e il mondo politico sembrano assolutamente disinteressati. Fa sicuramente più audience la farfalla di Belen o la scollatura della Tatangelo!!!

Uniche eccezioni il Tg3 che ha inserito un banner che campeggia nella parte alta della sua homepage. “Lo terremo fino alla liberazione di Rossella Urru – scrive Silvio Giulietti della redazione Internet – vi invitiamo a segnalare all’indirizzo mail tg3net@rai.it tutte le iniziative di cui venite a conoscenza utilizzando come oggetto del messaggio la dicitura “Rossella libera”. Le pubblicheremo”.

E il Tg di La7 che ci ricorda anche di un'altra cooperante italiana Sandra Mariani ostaggio di un gruppo del Maghreb vicino ad Al Qaeda da oltre un anno.


Voglio dedicare a Rossella, a Sandra, ma anche a tutte quelle persone che come loro si trovano in paesi in serie difficoltà a portare aiuti e solidarietà concreta a rischio della propria vita, la Lettera contro la guerra del grande Tiziano Terzani :


Lettera contro la guerra


Ancor più che fuori, le cause della guerra sono dentro di noi.
Sono in passioni come il desiderio, la paura, l'insicurezza, l'ingordigia, l'orgoglio, la vanità...
Lentamente bisogna liberarcene.
Dobbiamo cambiare atteggiamento.
Cominciamo a prendere le decisioni che ci riguardano e che riguardano gli altri sulla base di più moralità e meno interesse.
Facciamo più quello che è giusto, invece di quel che ci conviene.
Educhiamo i figli ad essere onesti, non furbi.
E' il momento di uscire allo scoperto; è il momento d'impegnarsi per i valori in cui si crede.
Una civiltà si rafforza con la sua determinazione morale molto più che con nuove armi.




Con questo appello chiediamo ai media di dedicare spazio alla storia di Rossella e di Sandra, di renderle note all’opinione pubblica. Chiediamo al governo e al mondo politico di attivarsi per la loro liberazione. 

Impegnamoci tutt*, vogliamo Rossella e Sandra libere.

#freerossellaurru 

Intanto noi come donne del movimento SNOQ di Massa nel nostro piccolo per l'8 Marzo faremo tra le tante cose anche volantinaggio ed informazione! 


L’appello di Geppi Cucciari dal palco di Sanremo

L'appello di Fiorello per Rossella Urru

Spazio del Tg3 dedicato a Rossella Urru

Altre info sul sequestro di Rossella sul sito di Articolo 21

http://www.rossellaurru.it/

domenica 26 febbraio 2012

Petizione 188 FIRME PER LA LEGGE 188 CONTRO LE DIMISSIONI IN BIANCO

188 FIRME PER LA LEGGE 188
CONTRO LE DIMISSIONI IN BIANCO



Siamo 188 donne autorevoli e determinate a difendere la dignità e l'autonomia femminile. Stiamo infatti chiedendo alla Ministra del Lavoro e delle Pari Opportunità Elsa Fornero di ripristinare la legge 188 del 2007 che impediva la pratica delle finte dimissioni volontarie, le dimissioni “in bianco”, fatte firmare al momento dell'assunzione per essere utilizzate quando quel lavoratore avrà una lunga malattia, quella lavoratrice si sposerà o all'inizio di una gravidanza. È una pratica che colpisce soprattutto le giovani donne e che si può considerare, in termini generali, un abuso contro lo Stato di diritto.
Ci teniamo a ricordare tre cose: 1) la legge non rappresenta un onere economico per la collettività e può essere applicata, utilizzando le tecnologie informatiche, con procedure semplicissime; 2) la legge fu approvata da un arco ampio di forze politiche ma subito abrogata dal governo Berlusconi nel maggio 2008; 3) proseguire nell'assenza di una norma può spingere i datori di lavoro più spregiudicati a perseverare nell'ingiustizia.

Le 14 donne promotrici:

Roberta Agostini
Ritanna Armeni
Giovanna Casadio
Titti Di Salvo
Mariella Gramaglia
Raffaella Lamberti
Maria Pia Mannino
Marisa Nicchi
Liliana Ocmin
Anna Rea
Serena Sorrentino
Soana Tortora
Sara Ventroni

FIRMA ANCHE TU QUI QUESTA PETIZIONE NE VA DEL FUTURO LAVORATIVO DI TUTT* NOI!  

DIMISSIONI IN BIANCO: IO NON FIRMO!
 
PERCHE’ SE FIRMO LA LETTERA DI DIMISSIONI QUANDO MI ASSUMONO PERDO LA LIBERTA’ DI:

Lavorare senza ricatto     
  
Diventare madre quando voglio  
     
Esercitare il diritto di sciopero   
    
Curarmi se mi ammalo  

RIVOGLIAMO LA LEGGE 188/2007 CHE IMPEDIVA LE DIMISSIONI IN BIANCO CON UN SEMPLICE MODULO CERTIFICATO.
 
Rete  toscana dell’appello “188 donne per la legge 188/2007” 

Gruppo Facebook: 188 firme per la 188!
 

mercoledì 22 febbraio 2012

Appello a tutte e tutti le/i blogger

Realizziamo un bloggin day per Rossella Urru  per il 29/2/2012 http://www.rossellaurru.it/



Questo è l'appello di Donne Viola

Ci sono donne straordinarie che non fanno niente per essere notate e con grande cuore donano la propria vita agli altri. 
Manteniamo viva l'attenzione su Rossella Urru, 
i media non lo fanno, facciamolo noi

martedì 14 febbraio 2012

Diamo spazio alle buone notizie! Il diritto del padre al congedo anche se la madre è casalinga.

Oggi è proprio una bella giornata! Quale regalo migliore per un buon San Valentino!
Sì, perchè ogni tanto ci meritiamo di ricevere buone notizie, fa bene alla salute di tutt* noi.
In attesa che venga presentata una legge ad hoc vi segnaliamo questa sentenza sinonimo di buona prassi:

Il giudice: la donna è una lavoratrice non dipendente

Di Giusi Fasano 


Una casalinga è una «lavoratrice non dipendente»Una casalinga è una «lavoratrice non dipendente»
Il giudice parte da un principio troppo spesso ignorato: quello della casalinga è un lavoro. La donna che si prende cura dalla casa e dei figli è, secondo la definizione giuridica, una «lavoratrice non dipendente». E siccome proprio perché non dipendente non ha diritto ad alcun permesso per la cura del neonato, allora è a lui che «occorre fare riferimento nelle norme rivolte a dare sostegno alla famiglia e alla maternità». Il «lui» di questa storia è un poliziotto della questura di Venezia, un dipendente del settore amministrativo. Dopo la nascita di una figlia con problemi di salute molto seri (ha un grave handicap), l'agente aveva chiesto di poter utilizzare sia i riposi giornalieri sia i periodi di congedo per la malattia della bambina, possibilità previste nei primi anni di crescita, come aiuto alle famiglie, dal Testo Unico del 2001. Il ministero dell'Interno, dal quale dipende la polizia di Stato, gli aveva però negato tutte e due le chance: la moglie e madre della piccola, avevano obiettato gli avvocati del ministero, è una casalinga quindi lui non ha il diritto di avere né permessi né congedo, non si può sottrarre al suo lavoro ore o giorni interi per accudire la bimba di cui si prende già cura la moglie.

Ricorso. Il caso è finito nelle mani della consigliera di parità della Provincia di Venezia, Federica Vedova, e poi sul tavolo del giudice del lavoro Margherita Bortolaso. Il risultato è scritto nelle cinque pagine della sentenza depositata pochi giorni fa: il ricorso è stato accolto perché non concedere i permessi e il congedo al poliziotto è stato un atto «illegittimo». Il padre della bambina malata aveva invece il diritto di ottenere ciò che chiedeva: per stare accanto alla piccola nei momenti più difficili della malattia durante i suoi primi anni di vita, certo. Ma anche per aiutare la moglie nella gestione quotidiana delle cure alla neonata, indipendentemente dall'handicap della piccola.
Scrive il giudice del lavoro: «L'illegittimità del diniego opposto dall'Amministrazione (il ministero dell'Interno, ndr ) alla fruizione dei benefici richiesti ha comportato una evidente discriminazione a danno del poliziotto rispetto alla generalità dei lavoratori padri che si trovano nelle sue stesse condizioni». Tutto questo è una nota ancora più stonata se si considera il fatto che «altre amministrazioni pubbliche e datori di lavoro privati riconoscono pacificamente tale diritto».

Dopo aver specificato che, in generale, un padre deve poter «beneficiare dei permessi per la cura del figlio, allorquando la madre non ne abbia il diritto in quanto lavoratrice non dipendente e purtuttavia impegnata in attività che la distolgano dalla cura del neonato», il giudice ripara al torto subito dall'agente condannando il ministero dell'Interno a «pagare al lavoratore discriminato un importo pari ai numeri dei permessi e alle giornate di congedo negate»: 9.750 euro.

E per sottolineare quanto sia fondamentale «il sostegno a famiglia e maternità» la sentenza cita le «finalità generali, di tipo promozionale, scolpite dall'articolo 31 della Costituzione». Quello secondo il quale «la Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. E protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a questo scopo». Fra gli «istituti» ai quali la dottoressa Bortolaso si riferisce ci sono i diritti di un padre ad avere il tempo che gli spetta per prendersi cura di sua figlia. Anche se la moglie è casalinga e, nell'immaginario di ancora tante, troppe persone, è una «non lavoratrice». Sbagliato, ripete più volte questa sentenza: è una «lavoratrice non dipendente».




Inoltre tralasciando i commenti che verrebbero da fare sulle dichiarazioni omofobe di Giovanardi vi comunichiamo che oggi si terrà l'iniziativa organizzata dall' associazione Gay Center che organizzerà un sit in dinanzi a Montecitorio, nel corso del quale Baci di cioccolata saranno distribuiti al Premier Mario Monti, nonchè a tutti i leader politici: da Alfano a Bersani, passando per Casini e Di Pietro.
“Dolci baci” di cioccalata saranno consegnati anche al senatore del Pdl, Carlo Giovanardi, autore dell’ennesima invettiva contro gli omosessuali. Quest’ultimo, infatti, scatenando immediatamente diverse polemiche ha avuto la brillante intuizione di considerare “fastidioso” vedere due lesbiche darsi un bacio, almeno quanto vedere qualcuno che fa pipì in strada.

lunedì 6 febbraio 2012

6 Febbraio - Giornata internazionale per l'abbandono delle mutilazioni dei genitali femminili


NOI DONNE:

Il 6 febbraio è la Giornata internazionale per l'abbandono delle mutilazioni dei genitali femminili, una pratica cui sono state sottoposte circa 140 milioni di donne nel mondo.

L'impegno dell'Italia, che in questo campo si era distinta negli anni passati, sia con misure volte a prevenire la pratica nel nostro paese, sia con misure di cooperazione allo sviluppo, è venuto progressivamente affievolendosi.

Poco o nulla si sa dei fondi che ogni anno la legge n. 7/2006 mette a disposizione le attività di prevenzione. I tagli di bilancio rischiano di porre fine anche a queste attività?

La lettera aperta che AIDOS indirizza oggi ai ministri del Welfare con delega alle Pari Opportunità Elsa Fornero, della Salute Renato Balduzzi, degli Esteri Giuliomaria Terzi di Sant'Agata e della Cooperazione Internazionale e Integrazione Andrea Riccardi vuole essere un richiamo all'impegno dell'Italia per promuovere l'abbandono delle mutilazioni dei genitali femminili, un impegno che non può venire meno proprio nel momento in cui si registrano i primi progressi verso l'abbandono definitivo della pratica e dunque verso il pieno godimento dei diritti umani anche per le donne e bambine finora sottomesse a questa norma sociale.

AIDOS confida nella sensibilità e attenzione dei Ministri per ricevere presto una risposta ai propri quesiti, e ringrazia vivamente per dare visibilità a questo messaggio, affiancando AIDOS e le tante donne africane impegnate, in Italia e nei propri paesi d'origine, affinché nessuna bimba sia più costretta a subire questa pratica.

LEGGI LA LETTERA


 DI COSA PARLIAMO!


L’ infibulazione è il termine che si usa per indicare le mutilazioni genitali che vengono inflitte in certe parti del mondo. Questa pratica consiste nell’asportazione del clitoride, delle piccole labbra e parte di quelle grandi, e nella cucitura della vulva, senza anestesia; viene lasciato aperto solo un foro per la fuoriuscita del sangue mestruale e dell’urina. Tutto questo per mantenere intatta la purezza della donna.

Le donne che non subiscono questa pratica vengono considerate impure, non troveranno mai marito, fino all’allontanamento dalla società.
Questo fenomeno riguarda bambine, ragazze e donne.
Il sistema giudiziario di alcuni paesi ammette che tra le cause di divorzio compaiano anche difetti fisici della sposa, dovuti a infibulazioni malriuscite.
Le conseguenze di questa tradizione si ripercuotono a livello psicologico sulla donna, ma anche a livello fisico: i rapporti sessuali saranno impossibili fino alla defibulazione, che consiste nella scucitura della vulva, da parte dello sposo, per consentire la consumazione del matrimonio. I rapporti sessuali diventano dolorosissimi ed è impossibile che le donne possano trarne piacere. Spesso insorgono complicazioni come cistiti, ritenzione urinaria e infezioni vaginali.
Possono subentrare complicazione anche nel momento del parto: il bambino si trova a dover passare attraverso del tessuto cicatrizzato e quindi non elastico, il rischio che corre è di non ricevere abbastanza ossigeno al cervello e di avere conseguenze a livello neurologico. Durante il parto le donne infibulate rischiano la rottura dell’utero, con conseguenze fatali per la madre e il bambino.
Dopo ogni parto la donna subisce un’altra infibulazione per ripristinare la situazione prematrimoniale.
In Egitto nonostante tale pratica è illegale, si calcola che tra l’85% e il 95% delle donne sia stata sottoposta ad infibulazione. La Somalia dove il 98% delle donne è sottoposta a tale pratica, è stata definita dall’antropologo francese de Villeneuve, “il paese delle donne cucite”.
Questa pratica non viene eseguita solo nel continente africano ma anche in Bolivia, Yemen, Kurdistan, Indonesia e persino Italia (ogni anno 2000 o 3000 bambine immigrate sono a rischio).
Si stima che nel mondo sono 150 mila le donne che sono state sottoposte alla mutilazione genitale, un dato sconcertante, se si pensa che tale pratica non è di tradizione religiosa, ma una conseguenza dovuta ad una società patriarcale.
Ogni giorno l’infibulazione viene subita da 8 mila bambine.
Secondo uno studio di Aldo Morrone direttore dell’INMP - Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni
Migranti ed il contrasto delle malattie della Povertà. In Italia le donne infibulate sono 35 mila.

sabato 4 febbraio 2012

SVISCERANDO L'ESTENSIONE DELLA SENTENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE SULLA VIOLENZA SESSUALE DI GRUPPO

LA SENTENZA: http://static.ilsole24ore.com/DocStore/Professionisti/AltraDocumentazione/body/13000001-13100000/13055989.pdf
Nel 2009, con l’approvazione da parte del Parlamento della legge di contrasto alla violenza sessuale dopo che gli episodi si erano moltiplicati creando un diffuso allarme sociale, al giudice non era consentito applicare, per presunti stupratori (con a carico gravi indizi di colpevolezza) misure cautelari diverse dal carcere. Ma nell’estate del 2010 la Corte Costituzionale , ha ritenuto la norma in contrasto con gli articoli 3 (uguaglianza davanti alla legge), 13 (libertà personale) e 27 (funzione della pena) della Costituzione e ha detto sì alle alternative al carcere cancellando così l’obbligo del carcere nei confronti del singolo responsabile. Ora di quella decisione ha dato un’interpretazione estensiva la Corte di Cassazione, chiamata ad esaminare una violenza sessuale di gruppo. I supremi giudici hanno detto sì a misure alternative al carcere anche per i componenti del «branco».

UN CASO EMBLEMATICO: http://mammadolce.wordpress.com/2008/12/15/carmela-suicida-a-13-anni-dopo-la-violenza-il-branco-scontera-con-15-mesi-di-programma-di-rieducazione-nel-web-lindignazione-di-tutti/ 

UNA TESTIMONIANZA STORICA: http://loredanalipperini.blog.kataweb.it/lipperatura/2012/02/03/misure-cautelari-alternative/

LA MIA PERSONALE RIFLESSIONE! PERCHÈ DICIAMO NO:

PUNTO PRIMO: è proprio perchè le pene sono troppo leggere e questo genere di reati viene da sempre considerato MINORE che chi ha il coraggio di denunciare e poi non si vede allontanare l'uomo violento troppo spesso poi leggiamo sulla cronaca che è stata ammazzata per mano di quell'uomo!!!! Togliendo la custodia cautelare questo è ancor più facile!!!
PUNTO SECONDO:ci vogliamo basare sulla realtà dei fatti, di ciò che accade ogni giorno?????? Non si può far finta di niente!! Abbiamo anche appena ricevuto un richiamo ONU sull'inadeguatezza in tema di pene e prevenzione su quella che è un'emergenza ormai per l'Italia, la violenza nei confronti delle donne!
PUNTO TERZO: STOP ai paradossi del tipo:
http://ctzen.it/2011/12/31/italia-i-paradossi-della-sanzione-%C2%ABlo-spinello-piu-grave-di-uno-stupro%C2%BB/

LA RIFLESSIONE DELLA GIURISTA SILVIA NASCETTI:

SENTENZA DELLA SUPREMA CORTE.
Altri "lividi alle Donne. E non solo sull'anima" di Silvia Nascetti

L'estensione interpretativa alla sentenza n. 265 del 2010 della Corte Costituzionale ha ulteriormente aperto il vergognoso cancello agli stupratori, anche quelli del "branco".
Nel 2009 il Parlamento convertì con modificazioni, con Legge n. 38 del 23 aprile 2009, il decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonchè in tema di atti persecutori.
Fu una vittoria di tutti, non solo delle donne. Fu una vittoria della civiltà. E' con le leggi, con la loro applicazione, con le sanzioni a chi contravviene ad esse, che si misura la civiltà giuridica e sociale di un Paese.
A partire dal 2009, quindi, non era consentito al giudice di applicare, per i delitti di violenza sessuale e di atti sessuali con minorenni, misure cautelari diverse del carcere in carcere (previste dal capo VI della legge 26 luglio 1975, n.354).
PRIMO COLPO MORTALE
Ma, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 265 del 2010, invece, stabilì che la norma era in contrasto con gli articoli 3 (uguaglianza davanti alla legge), 13 (libertà personale) e 27 (funzione della pena) della Costituzione.
SECONDO COLPO MORTALE
La recente sentenza della 3^ Sezione della Suprema Corte ha altresì stabilito - con interpretazione estensiva favor rei - che i principi interpretativi che la Corte Costituzionale ha fissato per i reati di violenza sessuale e atti sessuali su minorenni sono 'in toto' applicabili anche alla 'violenza sessuale di gruppo' , dal momento che quest'ultimo reato "presenta caratteristiche essenziali non difformi" da quelle che la Consulta ha individuato per le altre specie di reati sessuali sottoposti al suo giudizio.

Dagli insegnamenti di Diritto Penale di Aldo Moro, ricordo che "uguaglianza davanti alla legge" significa trattare e giudicare delitti simili in modo uguale. Ma, diventa aberrante una giustizia che pretenda di trattare e giudicare delitti differenti in modo uguale.
E, il "delitto differente" si chiama: VIOLENZA ALLE DONNE.
(Silvia Nascetti, giuslavorista, esperta in politiche di genere e pari opportunità, fondatrice del gruppo DONNE CHE SI SONO STESE SUI LIBRI E NON SUI LETTI DEI POTENTI E UOMINI CHE LE AMANO COSI')"

LA RIFLESSIONE DELLA GIURISTA GIULIA BONGIORNO:



COSA POSSIAMO FARE:

Sono partite lettere di sensibilizzazione ed indignazione sia alle Ministre che alla Corte di Cassazione  da parte di donne e gruppi come la Rete delle Reti
Questo è l'appello:

"Al di là di altre eventuali forme di protesta (es. di piazza), si potrebbe:
1_scrivere una LETTERA APERTA alla Corte di Cassazione, Sezione etc. etc., indirizzandola anche per conoscenza alle due Ministre e facendola pubblicare - in quanto lettera aperta - dai giornali.
2_La lettera dovrebbe cominciare con
VOGLIAMO IL 50% della CORTE DI CASSAZIONE DI SESSO FEMMINILE!
Il corpo della lettera dovrebbe contenere i seguenti punti:
a_ lo stupro di gruppo non è assimilabile a quello individuale proprio per la pericolosità sociale del gruppo;
b_lo stupro di gruppo è l'anticamera del femminicidio.
Per chi aderisce alla Rete delle Reti la lettera dovrebbe essere della Rete delle Reti, dovrebbe partire in blocco da tutti i gruppi che la compongono ed essere ripetuta singolarmente, con identica intestazione (Rete delle Reti + il proprio gruppo e la propria firma) da ogni appartenente a ciascun gruppo.
Quindi, invadere le caselle postali della Cassazione, dei due Ministeri e dei giornali."

SOLLECITO PER LA REGIONE TOSCANA DA PARTE DELLA CONSIGLIERA STACCIOLI:
http://www.ilsitodimassacarrara.it/content/729-sentenza-choc-della-cassazione-sullo-stupro-di-gruppo-la-consigliera-regionale-staccioli 

IL PENSIERO DI SNOQ PROMOTORE:

Il Comitato Promotore Se non ora, quando? condanna con forza la minimizzazione della gravità del reato di violenza di gruppo operata dalla Cassazione. La violenza sessuale eseguita dal branco è un’abominevole aggressione, ma contiene anche una forma di disprezzo nei riguardi delle donne. Ci sembra inaudito che non ci sia piena consapevolezza della carica offensiva di questa violenza. Auspichiamo che si rifletta sulla gravità delle conseguenze di questa decisione, soprattutto in un momento in cui sale il numero delle donne che subiscono violenza e che vengono uccise. Questa sentenza favorisce un processo di normalizzazione di reati gravissimi contro le donne già equiparati dai media a fatti di cronaca nera. Le donne si opporranno con tutti i mezzi per contrastare questa cultura che offende la dignità della loro persona

I FEMMINICIDI IN ITALIA-LA GRAVISSIMA SITUAZIONE ATTUALE:
http://bollettino-di-guerra.noblogs.org/

PER CAPIRE MEGLIO IL TUTTO (POST MOLTO UTILI E VERAMENTE BEN FATTI!):

Violenza sessuale di gruppo. Ma cosa è successo? Proviamo a capirlo.

4 febbraio 2012

CHI?

TRIBUNALE DEL RIESAME: è formato da 3 giudici (tribunale collegiale) i quali si occupano di controllare, rivedere, verificare la legittimità dei provvedimenti restrittivi della liberta’ personale quando questi vengono contestati (impugnati).

CORTE DI CASSAZIONE: senza badare ai fatti, assicura che la legge venga osservata in maniera esatta e uniforme. Rappresenta l’ultima possibilità (dopo la corte d’Appello) di poter contestare un provvedimento (terzo grado).

CORTE COSTITUZIONALE: è formata da 15 giudici che tra le altre, si occupano di verificare che le nostre leggi non siano in contrasto con la Costituzione.

CODICE ROCCO: è il nostro attuale codice penale, di matrice fascista (risale agli anni 30), fortunatamente riformato dagli anni 70 in poi.

MISURA CAUTELARE IN CARCERE: Il più forte strumento di limitazione della libertà delle persone, per questo può essere disposto solo in casi specifici (pericolo di fuga, turbamento indagini, reiterazione reato) e solo se le altre misure alternative risultino inadeguate.

QUANDO?

15 febbraio 1986. La legge nr. 66 modifica il Codice Rocco e il reato di violenza sessuale prima inquadrato nei “reati contro la moralità pubblica e il buon costume” viene invece collocato nei “delitti contro la persona”.

23 aprile 2009. La Legge nr. 38  per le “misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonche’ in tema di atti persecutori”  modifica il codice penale, in questo modo anche per il reato di violenza sessuale “Quando sussistono gravi indizi di colpevolezza… è applicata la custodia cautelare in carcere”

21 luglio 2010. Sentenza 265. La corte costituzionale ha ritenuto quella legge in contrasto con gli articoli 3 (uguaglianza davanti alla legge), 13 (libertà personale) e 27 (funzione della pena) della Costituzione ed ha sostenuto le alternative al carcere «nell’ipotesi in cui siano acquisiti elementi specifici, in relazione al caso concreto, dai quali risulti che le esigenze cautelari possono essere soddisfate con altre misure».

POI SUCCEDE QUESTO:
“La Cassazione, occupandosi di una violenza di due diciannovenni su una minorenne avvenuta a Cassino, ha accolto il ricorso di R.L. e di L.B. nei confronti dei quali il tribunale di Roma, il 5 agosto 2011, aveva confermato la custodia in carcere. I due giovani erano stati denunciati dalla squadra mobile di Frosinone dopo il racconto della ragazzina. La minorenne aveva trascorso la serata in un pub e stava tornando a casa a piedi assieme alla sorella maggiorenne, che poi però aveva proseguito da sola. La ragazza era stata avvicinata dai due, che l’avevano fatta salire in auto, portandola poi in una zona di campagna e violentandola a turno. Il gip aveva firmato l’ordinanza di custodia cautelare per i due diciannovenni con l’accusa di violenza sessuale di gruppo”.

Fonte: La Stampa del 3 febbraio 2012)

QUINDI:
La ragazza denuncia la violenza alla squadra mobile di Frosinone.
La squadra mobile di Frosinone denuncia il reato al pubblico ministero. Iniziano le indagini preliminari, vengono identificate persone, assunte informazioni, chiamati i difensori,  il pm decide di andare avanti (esercitare l’azione penale) quindi rinvia a giudizio.
Vengono disposti e convalidati fermi dal giudice per le indagini preliminari che con ordinanza dispone anche la misura cautelare in carcere.
I difensori dei ragazzi non ci stanno e chiedono che l’ordinanza venga rivista.
Se ne occupa il Tribunale del Riesame. L’Ordinanza è giusta. Viene confermata la misura cautelare in carcere!
I difensori non si arrendono arrivano alla Cassazione, fanno ricorso.

E POI?
E POI QUESTO: La  terza sezione penale della Corte di Cassazione (sentenza n.4377/12) ha stabilito che i principi interpretativi che la Corte Costituzionale ha fissato per i reati di violenza sessuale (la sentenza 265/10 che sostiene le misure alternative al carcere)  e atti sessuali su minorenni sono applicabili anche agli stupri di gruppo dal momento che quest’ultimo reato «presenta caratteristiche essenziali non difformi» da quelle che la Consulta ha individuato per le altre specie di reati sessuali sottoposti al suo giudizio.

In parole povere LA CASSAZIONE CASSA CON RINVIO cioè accoglie il ricorso degli imputati e rinvia di nuovo al Tribunale di Roma per ulteriori accertamenti perché “la motivazione dell’ordinanza impugnata è incorsa nel vizio di errata applicazione della legge” ( non ha tenuto conto delle previsioni della corte costituzionale 265/10).

EFFETTI?: INDIGNAZIONE PUBBLICA

L’UFFICIO STAMPA DELLA CORTE DI CASSAZIONE DIFENDE COSI’: “La sentenza della Corte di Cassazione sullo stupro di gruppo contiene una «interpretazione doverosa» di una sentenza della Corte Costituzionale. L’alternativa sarebbe stata sollevare una questione di incostituzionalità, che avrebbe portato verosimilmente alla scarcerazione degli indagati per scadenza dei termini di custodia cautelare”.

E POI: “La sentenza della Corte di Cassazione (n. 4377/12 della Terza Sezione penale) non ha determinato alcuna conseguenza immediata sullo stato detentivo degli imputati. Essi restano in carcere fintanto che non si sarà concluso il giudizio di rinvio davanti al Tribunale del riesame di Roma, che potrebbe anche confermare la precedente valutazione di necessità della misura carceraria.”

E ANCORA: ”L’ordinanza del Tribunale di Cassino (Frosinone), che ha ritenuto di confermare la custodia in carcere, «è stata in primo luogo annullata per carente motivazione sugli indizi di colpevolezza, posto che, secondo la Corte di Cassazione, non era stato affatto chiarito, sulla base dei dati rappresentati dall’accusa, se una violenza sessuale fosse stata effettivamente realizzata dagli indagati. Solo come ulteriore argomento, la sentenza della Corte di Cassazione prospetta motivatamente una interpretazione doverosa della sentenza della Corte Costituzionale n. 265 del 2010, che, pur riferendosi alle fattispecie-base di violenza sessuale, e non specificamente alla fattispecie di violenza di gruppo, ha espresso il principio, fondato anche sulla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, che in materia di misure cautelari, fatta eccezione per i reati di natura mafiosa, non possono valere presunzioni assolute di adeguatezza della sola misura carceraria che prescindano dalla fattispecie concreta.  L’alternativa era verosimilmente quella di investire della questione la Corte Costituzionale: ma la sospensione del procedimento fino alla decisione della Consulta avrebbe potuto determinare la scarcerazione degli imputati per decorrenza dei termini di custodia cautelare, caso che non si è verificato proprio a seguito della decisione della Corte di Cassazione”.
Fonte: http://www.gazzettino.it/articolo.php?id=179827&sez=ITALIA

E’ vero. Nessuno è stato scarcerato. Forse davvero la sospensione avrebbe fatto scadere i termini. Magari davvero la motivazione era carente, forse…. Il vero problema però  si concentra su due sole parole. E’ CASSAZIONE! Questo significa che d’ora in poi gli avvocati penalisti potranno difendere meglio i sospettati di violenza sessuale, che poi questa violenza sia di gruppo o meno cambia poco, perché a quanto pare il reato è…assimilabile…E questi difensori non faranno altro che dire e scrivere nei loro atti: ” Ma giudici della Cassazione…E’ Cassazione!!” E magari qualche volta gli andrà anche bene!

Ora, con la certezza di non avere nulla da insegnare a nessuno, propongo a me stessa e a Voi questo ragionamento:
La Cassazione ragiona solo secondo diritto e..
verifica che venga applicato legittimamente il nostro diritto e..
vista la palese regressione (speriamo solo) nell’interpretazione di questo diritto,
non sarà forse che questo tanto amato diritto sia poco poco sbagliato?




SOCIETÀ / IN UNO STATO DI DIRITTO DISTRATTO

Di Iole Natoli 


Con la sentenza nº 4377, depositata il 1º Febbraio 2012, la III Sezione penale della Corte di Cassazione, chiamata ad esprimersi in merito a un caso di stupro di gruppo, conia un’inedita interpretazione estensiva del contenuto della sentenza 265 del 2010 della Consulta, per evitare - come da una precisazione resa alla stampa, dopo le varie reazioni scatenate - inevitabili scarcerazioni immediate per scadenza dei termini di custodia cautelare, che avrebbero sottratto gli imputati a ogni altra detenzione eventuale, scaturente da una valutazione del giudice.




Sotterraneo di Iole Natoli - Olio su tela, 1985


Motivazione sicuramente valida e nobile che tuttavia non ci esime dal sottoporre ad analisi la fondatezza dell'estensione effettuata. Consideriamo in primis che, nel caso di imputati e non di condannati a seguito di un processo, vige la regola di presunzione d’innocenza, che cozza NON con le eventuali detenzioni cautelari conseguenti a un’autonoma decisione del giudice, MA con il carattere obbligatorio di tale detenzione, che verrebbe a determinare una riduzione della libertà del giudice nella valutazione dei provvedimenti da applicare.
Ogni legge che ponga un limite alla libertà della magistratura si pone dunque in una sfera di eccezionalità, che implica una verifica e un giudizio da parte della Corte Costituzionale.
Per quanto concerne la legge sulla violenza sessuale, tale giudizio in precedenza c'è stato (sentenza 265 del 2010) ed è a quello che la Cassazione fa riferimento nel trarre la sua discussa conclusione.

Leggiamo nella sentenza della Corte:
«(…) osserva, ancora, la Corte costituzionale (paragrafi 10 e 12) che la irragionevolezza della soluzione normativa» (della legge contro la violenza sessuale che prevede la detenzione ed esclude le misure alternative - cosa “costituzionalmente” approvata per i reati di mafia) «può essere agevolmente apprezzata ove si considerino» (due circostanze e cioè:) «la circostanza che i reati di violenza sessuale comprendano “condotte nettamente differenti quanto a modalità lesive del bene protetto e la circostanza che solitamente si tratta di delitti meramente individuali che possono essere affrontati in concreto anche con misure diverse dalla custodia in carcere” (…)».  

Ora, lessicalmente, il che relativo si riferisce esclusivamente a DELITTI MERAMENTE INDIVIDUALI. Sono quelli dunque, i “meramente individuali”, “che possono essere affrontati in concreto anche con misure diverse dalla custodia in carcere”: non altri.

Sicuramente non sappiamo con certezza cosa avrebbe stabilito la Corte Costituzionale, se chiamata ad esprimersi esplicitamente anche sullo stupro di gruppo, in relazione al caso concreto in esame. Sicuramente i termini di custodia cautelare sarebbero scaduti accettando il richiesto ricorso al parere della Corte costituzionale, col risultato di dover rimettere in immediata libertà gli attuali imputati.

Vediamo allora cosa ha fatto la Cassazione nella sua sentenza.
Ha esteso le considerazioni della Consulta per il reato di stupro individuale a quello di stupro collettivo, benché allo stato attuale una lettura corretta proprio del dispositivo della Consulta, dalla Corte citato, allo stato attuale non lo possa consentire ipso facto.
NON SOLTANTO, infatti, quel "si tratta di delitti meramente individuali" porta a concludere che il non meramente individuale esuli immediatamente dalla possibilità delle misure alternative per il danno MULTIPLO che si ipotizza sia stato subito dalla persona, MA l’ipotizzata presenza di un gruppo attivo (che diventa accertata solo a conclusione di un processo) implica che si sia in presenza di soggetti in grado di agire delittuosamente operando collegamenti mirati e adottando condotte criminali unitarie, del tutto simili a quelle delle organizzazioni mafiose (per le quali l’eccezionalità del carcere preventivo è norma), sia pure su piccola scala. Gruppuscoli delinquenziali, nuclei sparsi e molteplici di uno sterminio morale e fisico di donne, tramite le violenze sessuali e il femminicidio.

Come spiegato dalla stessa Corte di Cassazione a seguito del divampare di polemiche - causate anche, ma non solo, da informazioni spesso distorte sulla sentenza in esame -, la Cassazione ha di fatto scelto il male minore, per evitare scarcerazioni altrimenti inevitabili. Non di una sentenza aberrante contro le donne si tratta, dunque, ma di una sentenza tarata strategicamente su un caso e tuttavia potenzialmente pericolosa per l’insieme delle donne.

L’accaduto rende di fatto eclatante un dato abitualmente sottostimato: la nostra società non è attrezzata, sia culturalmente sia giuridicamente, per affrontare un fenomeno gravissimo ed esteso quale quello delle violenze sulle donne - di tipo sessuale e non - che sempre più spesso sfociano nel femminicidio, ovvero nei DELITTI CONTRO UN GENERE.

Finché non avremo affrontato a fondo questo problema, questo marchio d’infamia di cui tutti gli Stati di Diritto Distratto si macchiano, non prevedendo un organico complesso di misure (preventivo-educative, preventivo-detentive e detentivo-punitive), una sentenza come l’attuale non potrà che esser letta - malgrado le intenzioni della Corte - come un aggravio delle condizioni precarie delle vittime, o presunte tali, e un contributo, sia pure involontario, a una percezione generale di minor gravità dello stupro di gruppo rispetto a quanto stabilito fin qui dalla legge, con conseguenze abbastanza deleterie sulla già alta diffusione del fenomeno e su possibili escamotage giudiziari che si avvalgano di tale sentenza in chiave difensiva di colpevoli.

venerdì 3 febbraio 2012

MISURE CAUTELARI ALTERNATIVE


Inverno  2012. La Cassazione stabilisce che per lo stupro di gruppo non c’è obbligo di custodia in carcere.
Inverno 1988.  Una trasmissione popolarissima manda in onda in prima serata questo video.
1973. Franca Rame. Per Quotidiano Donna, a seguire:
Al centro dello spazio scenico vuoto, una sedia.

PROLOGO

FRANCA RAME: Ancora oggi, proprio per l’imbecille mentalità corrente, una donna convince veramente di aver subito violenza carnale contro la sua volontà, se ha la “fortuna” di presentarsi alle autorità competenti pestata e sanguinante, se si presenta morta è meglio! Un cadavere con segni di stupro e sevizie dà più garanzie. Nell’ultima settimana sono arrivate al tribunale di Roma sette denunce di violenza carnale.
Studentesse aggredite mentre andavano a scuola, un’ammalata aggredita in ospedale, mogli separate sopraffatte dai mariti, certi dei loro buoni diritti. Ma il fatto più osceno è il rito terroristico a cui poliziotti, medici, giudici, avvocati di parte avversa sottopongono una donna, vittima di stupro, quando questa si presenta nei luoghi competenti per chiedere giustizia, con l’illusione di poterla ottenere. Questa che vi leggo è la trascrizione del verbale di un interrogatorio durante un processo per stupro, è tutto un lurido e sghignazzante rito di dileggio.
MEDICO Dica, signorina, o signora, durante l’aggressione lei ha provato solo disgusto o anche un certo piacere… una inconscia soddisfazione?
POLIZIOTTO Non s’è sentita lusingata che tanti uomini, quattro mi pare, tutti insieme, la desiderassero tanto, con così dura passione?
GIUDICE È rimasta sempre passiva o ad un certo punto ha partecipato?
MEDICO Si è sentita eccitata? Coinvolta?
AVVOCATO DIFENSORE DEGLI STUPRATORI Si è sentita umida?
GIUDICE Non ha pensato che i suoi gemiti, dovuti certo alla sofferenza, potessero essere fraintesi come espressioni di godimento?
POLIZIOTTO Lei ha goduto?
MEDICO Ha raggiunto l’orgasmo?
AVVOCATO Se sì, quante volte?

Il brano che ora reciterò è stato ricavato da una testimonianza apparsa sul “Quotidiano Donna”, testimonianza che vi riporto testualmente.
Si siede sull’unica sedia posta nel centro del palcoscenico.

FRANCA C’è una radio che suona… ma solo dopo un po’ la sento. Solo dopo un po’ mi rendo conto che c’è qualcuno che canta. Sì, è una radio. Musica leggera: cielo stelle cuore amore… amore…
Ho un ginocchio, uno solo, piantato nella schiena… come se chi mi sta dietro tenesse l’altro appoggiato per terra… con le mani tiene le mie, forte, girandomele all’incontrario. La sinistra in particolare.
Non so perché, mi ritrovo a pensare che forse è mancino. Non sto capendo niente di quello che mi sta capitando.
Ho lo sgomento addosso di chi sta per perdere il cervello, la voce… la parola. Prendo coscienza delle cose, con incredibile lentezza… Dio che confusione! Come sono salìta su questo camioncino? Ho alzato le gambe io, una dopo l’altra dietro la loro spinta o mi hanno caricata loro, sollevandomi di peso?
Non lo so.
È il cuore, che mi sbatte così forte contro le costole, ad impedirmi di ragionare… è il male alla mano sinistra, che sta diventando davvero insopportabile. Perché me la storcono tanto? Io non tento nessun movimento. Sono come congelata.
Ora, quello che mi sta dietro non tiene più il suo ginocchio contro la mia schiena… s’è seduto comodo… e mi tiene tra le sue gambe… fortemente… dal di dietro… come si faceva anni fa, quando si toglievano le tonsille ai bambini.
L’immagine che mi viene in mente è quella. Perché mi stringono tanto? Io non mi muovo, non urlo, sono senza voce. Non capisco cosa mi stia capitando. La radio canta, neanche tanto forte. Perché la musica? Perché l’abbassano? Forse è perché non grido.
Oltre a quello che mi tiene, ce ne sono altri tre. Li guardo: non c’è molta luce… né gran spazio… forse è per questo che mi tengono semidistesa. Li sento calmi. Sicurissimi. Che fanno? Si stanno accendendo una sigaretta.
Fumano? Adesso? Perché mi tengono così e fumano?
Sta per succedere qualche cosa, lo sento… Respiro a fondo… due, tre volte. Non, non mi snebbio… Ho solo paura…
Ora uno mi si avvicina, un altro si accuccia alla mia destra, l’altro a sinistra. Vedo il rosso delle sigarette. Stanno aspirando profondamente.
Sono vicinissimi.
Sì, sta per succedere qualche cosa… lo sento.
Quello che mi tiene da dietro, tende tutti i muscoli… li sento intorno al mio corpo. Non ha aumentato la stretta, ha solo teso i muscoli, come ad essere pronto a tenermi più ferma. Il primo che si era mosso, mi si mette tra le gambe… in ginocchio… divaricandomele. È un movimento preciso, che pare concordato con quello che mi tiene da dietro, perché subito i suoi piedi si mettono sopra ai miei a bloccarmi.
Io ho su i pantaloni. Perché mi aprono le gambe con su i pantaloni? Mi sento peggio che se fossi nuda!
Da questa sensazione mi distrae un qualche cosa che subito non individuo… un calore, prima tenue e poi più forte, fino a diventare insopportabile, sul seno sinistro.
Una punta di bruciore. Le sigarette… sopra al golf fino ad arrivare alla pelle.
Mi scopro a pensare cosa dovrebbe fare una persona in queste condizioni. Io non riesco a fare niente, né a parlare né a piangere… Mi sento come proiettata fuori, affacciata a una finestra, costretta a guardare qualche cosa di orribile.
Quello accucciato alla mia destra accende le sigarette, fa due tiri e poi le passa a quello che mi sta tra le gambe. Si consumano presto.
Il puzzo della lana bruciata deve disturbare i quattro: con una lametta mi tagliano il golf, davanti, per il lungo… mi tagliano anche il reggiseno… mi tagliano anche la pelle in superficie. Nella perizia medica misureranno ventun centimetri. Quello che mi sta tra le gambe, in ginocchio, mi prende i seni a piene mani, le sento gelide sopra le bruciature…
Ora… mi aprono la cerniera dei pantaloni e tutti si dànno da fare per spogliarmi: una scarpa sola, una gamba sola.
Quello che mi tiene da dietro si sta eccitando, sento che si struscia contro la mia schiena.
Ora quello che mi sta tra le gambe mi entra dentro. Mi viene da vomitare.
Devo stare calma, calma.
“Muoviti, puttana. Fammi godere”. Io mi concentro sulle parole delle canzoni; il cuore mi si sta spaccando, non voglio uscire dalla confusione che ho. Non voglio capire. Non capisco nessuna parola… non conosco nessuna lingua. Altra sigaretta.
“Muoviti puttana fammi godere”.
Sono di pietra.
Ora è il turno del secondo… i suoi colpi sono ancora più decisi. Sento un gran male.
“Muoviti puttana fammi godere”.
La lametta che è servita per tagliarmi il golf mi passa più volte sulla faccia. Non sento se mi taglia o no.
“Muoviti, puttana. Fammi godere”.
Il sangue mi cola dalle guance alle orecchie.
È il turno del terzo. È orribile sentirti godere dentro, delle bestie schifose.
“Sto morendo, – riesco a dire, – sono ammalata di cuore”.
Ci credono, non ci credono, si litigano.
“Facciamola scendere. No… sì…” Vola un ceffone tra di loro. Mi schiacciano una sigaretta sul collo, qui, tanto da spegnerla. Ecco, lì, credo di essere finalmente svenuta.
Poi sento che mi muovono. Quello che mi teneva da dietro mi riveste con movimenti precisi. Mi riveste lui, io servo a poco. Si lamenta come un bambino perché è l’unico che non abbia fatto l’amore… pardon… l’unico, che non si sia aperto i pantaloni, ma sento la sua fretta, la sua paura. Non sa come metterla col golf tagliato, mi infila i due lembi nei pantaloni. Il camioncino si ferma per il tempo di farmi scendere… e se ne va.
Tengo con la mano destra la giacca chiusa sui seni scoperti. È quasi scuro. Dove sono? Al parco. Mi sento male… nel senso che mi sento svenire… non solo per il dolore fisico in tutto il corpo, ma per lo schifo… per l’umiliazione… per le mille sputate che ho ricevuto nel cervello… per lo sperma che mi sento uscire. Appoggio la testa a un albero… mi fanno male anche i capelli… me li tiravano per tenermi ferma la testa. Mi passo la mano sulla faccia… è sporca di sangue. Alzo il collo della giacca.
Cammino… cammino non so per quanto tempo. Senza accorgermi, mi trovo davanti alla Questura.
Appoggiata al muro del palazzo di fronte, la sto a guardare per un bel pezzo. I polizioti… gente ce entra, che esce… Penso a quello che dovrei affrontare se entrassi ora… Sento le loro domande. Vedo le loro facce… i loro mezzi sorrisi… Penso e ci ripenso… Poi mi decido…
Torno a casa… torno a casa… Li denuncerò domani.

Buio.

Fonte: http://loredanalipperini.blog.kataweb.it/lipperatura/2012/02/03/misure-cautelari-alternative/